FIDEIUSSIONE A NOME TUO O DEI TUOI FAMILIARI

Ma cos’è la fideiussione?

Definizione fideiussione

La fideiussione è il negozio giuridico in base al quale un soggetto (fideiussore) si obbliga personalmente verso il creditore, garantendo l’adempimento di un’obbligazione altrui (art. 1936, I comma c.c.).

La fideiussione è un negozio a forma libera, ma la manifestazione di volontà deve essere espressa (art. 1937 c.c.), nel senso che la dichiarazione del fideiussore deve essere inequivocabile.

La fideiussione omnibus è quella con cui si garantiscono tutti i debiti, presenti e futuri, del debitore. Tale figura – nata dalla prassi bancaria – ha oggi un rilievo pratico di gran lunga superiore a quello della normale fideiussione e viene denominata anche fideiussione bancaria.

La fideiussione per obbligazione futura deve indicare l’importo massimo garantito (art. 1938 c.c.).

Validità della fideiussione

L’art. 1939 c.c. prevede che la fideiussione non sia valida se non è valido il debito principale.

L’espressione “non è valida” è interpretata estensivamente, e ricomprende annullabilità, rescissione, risoluzione. Occorre, però, precisare quanto segue:

  • se il debito principale è nullo allora la fideiussione è a sua volta nulla; la stessa cosa deve dirsi in caso di simulazione assoluta; in caso di simulazione relativa, invece, la fideiussione è invalida se il fideiussore era all’oscuro del rapporto simulatorio;
  • se il debito principale è annullabile (o rescindibile, o risolubile) allora la fideiussione resta in vita fino a quando non cade il debito principale.

L’art. 1957 c.c. prevede espressamente “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate.”

Quindi, se il creditore non agisce contro il debitore principale entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, il fideiussore deve ritenersi liberato.

Le eccezioni opponibili dal fideiussore

L’art. 1945 c.c., coerentemente alla caratteristica di accessorietà della fideiussione, dispone che il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità (per l’incapacità si intende solo quella legale) e – ovviamente – quelle di carattere personalissimo.

Intervento dell’A.B.I. (Associazione Bancaria Italiana)

Gli articoli 1939 – 1945 e 1957 c.c. pongono, in definitiva, una sorta di tutela del consumatore bancario/fideiussore.

Al fine di limitare tale tutela, nel mese di ottobre del 2002, l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) ha concordato il contenuto del contratto di “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” (cosiddetta fideiussione omnibus) con alcune organizzazioni di tutela dei consumatori: Associazione Consumatori Utenti (ACU), Associazione Italiana Difesa Consumatori e Ambiente (Adiconsum), Associazione per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori (ADOC), Associazione Nazionale Consumatori e Utenti (Federconsumatori), Cittadinanzattiva, Confederazione Generale dei Consumatori (Confconsumatori), Lega Consumatori – ACLI, Movimento Consumatori (MC), Movimento Difesa del Cittadino (MDC), Unione Nazionale dei Consumatori (UNC).

Nei mesi di aprile e di maggio 2003, la Banca d’Italia ha invitato l’ABI a eliminare dagli schemi negoziali alcune previsioni che risultavano critiche dal punto di vista concorrenziale. 

In data 11.7.2003 l’ABI ha trasmesso una nuova versione dello schema di contratto.

Sulla scorta del parere del 20.4.2005 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM), nel maggio 2005 la Banca d’Italia definì il procedimento istruttorio volto ad accertare se le previsioni del testo A.B.I. fossero o meno lesive della concorrenza.

Con il provvedimento n. 55 del 02.5.2005 sulle “Condizioni generali di contratto per la Fideiussione” la Banca d’Italia ritenne che gli articoli 2, 6 e 8 del testo A.B.I. per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contenessero disposizioni che, ove applicate in modo uniforme, risultavano in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90.

In particolare, il testo concordato conteneva le seguenti clausole:

“2. Il fidejussore s’impegna altresì a rimborsare all’Azienda di credito le somme che dall’azienda stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo.”

“6. I diritti derivanti all’Azienda di credito dalla fidejussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fidejussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato.”

“8. Nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fidejussione si intende fin d’ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate.”

Le clausole contenute suddetti articoli devono ritenersi nulle in quanto riproducenti il modello ABI, poi sanzionato dalla Banca d’Italia, che costituiscono applicazione di intese illecite.

Nello specifico, l’applicazione uniforme da parte delle banche degli articoli indicati del menzionato schema contrattuale – articoli relativi alle clausole di «sopravvivenza», «reviviscenza» e rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. – integra gli estremi di un’intesa restrittiva della concorrenza.

Ciò è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione Sezioni Uniti che, con sentenza n. 41994/2021, a statuito che: “i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.”

Conseguenze della nullità delle clausole

In base a tale principio, le clausole su-richiamate possono essere dichiarate nulle dal Giudice.

A seguito della dichiarazione di nullità delle clausole, viene a ripristinarsi la tutela del consumatore bancario/fideiussore e:

  • se il pagamento eseguito dal debitore principale all’Istituto di Credito dovesse essere restituito da quest’ultimo in quanto nullo, inefficace o revocato, il fideiussore non sarà costretto a rimborsarlo;
  • se la banca non agisce giudizialmente nei confronti del debitore principale entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione, la fideiussione cesserà di avere efficacia;
  • se il debito principale è nullo allora la fideiussione è a sua volta nulla.

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